
Chi l’ha detto che per parlare di libri serve un salotto con velluti e lampadari di cristallo? A volte basta un bagno. Letteralmente. Il Gabinetto Letterario di Valeria De Vitis, insieme a Matteo Brandi videomaker professionista che cura riprese e regia, ha ribaltato l’idea stessa di spazio culturale: niente pose da intellettuali, niente frasi da quarta di copertina, solo la verità nuda e cruda di chi legge e ne parla come se fosse la cosa più naturale del mondo. Un gabinetto, sì, ma anche un rifugio ironico dove la letteratura scende dal piedistallo e diventa complice di scrollate, risate e confessioni. Un luogo dove non ci si prende troppo sul serio, ma si prende sul serio la voglia di raccontare.
Valeria, da dove nasce l’idea di trasformare il bagno in un “gabinetto letterario”? È stato un lampo creativo o un gioco che si è trasformato in progetto?
Era il 2022, avevo da poco cambiato lavoro dopo essere stata libraia per nove anni. In libreria, oltre a consigliare libri, mi occupavo anche dell’organizzazione degli eventi: un’esperienza che mi ha permesso di creare una rete ampia di contatti nel mondo letterario, ma anche in quello artistico e musicale.
In una notte, rimuginavo su come poter mantenere viva quella connessione con le persone che continuavano a scrivermi per chiedermi consigli di lettura. Avevo bisogno di un’idea che fosse creativa, accessibile, ma anche un po’ folle. E così ho unito due grandi passioni: i libri… e i bagni del mondo e dell’universo!
È nato così Il Gabinetto Letterario: un luogo intimo, surreale, ma profondamente autentico, dove intervisto autori, musicisti, registi e artisti nel bagno di casa mia. Un’idea nata un po’ per gioco, ma diventata in poco tempo un progetto vero, vissuto, condiviso.
Il nome ha un doppio senso ironico e colto: quanto c’è di scherzo e quanto di tradizione nei tuoi riferimenti?
L’ironia e l’autoironia costituiscono il mio cavallo di battaglia. Il nome Il Gabinetto Letterario nasce proprio da questo spirito: giocoso, irriverente ma anche colto. Da un lato c’è il riferimento al “gabinetto” inteso come luogo intimo, privato, in cui spesso nascono le idee migliori (diciamolo, chi non ha avuto una rivelazione in bagno?). Dall’altro c’è il richiamo ai gabinetti delle curiosità, quei luoghi raffinati e pieni di meraviglie in cui, tra il ‘500 e il ‘700, si custodivano oggetti rari, bizzarri, provenienti da tutto il mondo.
Insomma, c’è tanto scherzo, sì, ma anche un pizzico di tradizione, rimescolata con leggerezza. Perché si può parlare di cultura anche in accappatoio, basta avere qualcosa da dire.
Il Gabinetto Letterario è nato in casa tua: cosa significa aprire uno spazio così intimo a un pubblico, anche se virtuale?
È un modo per sfidare le mie ipocondrie. Sono molto attenta alla pulizia e a tutto il mondo dell’igiene — il mio compagno mi prende in giro perché in borsa ho sempre un igienizzante. Aprire uno spazio così intimo come il bagno di casa mia è stato quindi un atto rivoluzionario, quasi terapeutico: è come se avessi deciso di contaminare (in senso buono ovviamente) quel luogo iperprotetto con parole, storie, risate. È un modo per dire che anche negli spazi più privati può nascere qualcosa di pubblico, condivisibile e — perché no — profondamente umano. E poi molti influencer aprono le porte delle loro case ma non mostrano mai il bagno, sono stata innovativa.
Quanto è importante l’umorismo in un progetto culturale? Pensi che serva a rompere quelle barriere che spesso rendono la letteratura percepita come “seriosa”?
Quando ero molto giovane, percepivo la letteratura come qualcosa di noioso, fino a quando non ho avuto modo di leggere I promessi sposi: la sua trama, l’intrigo, l’umorismo velato… mi hanno fatto appassionare al mondo letterario. Da lì ho capito che la letteratura può essere anche leggerezza, ironia, vitalità.
E infatti la condizione fondamentale nelle mie interviste è proprio questa: portare leggerezza e bellezza. Credo che l’umorismo sia il miglior passepartout per entrare nei cuori delle persone.
Nei tuoi video c’è una regia precisa: carta igienica come metafora delle pagine, sciacquone come applausi… quanto è studiato e quanto è lasciato al caso?
Ciò che accade nel Gabinetto Letterario è frutto di improvvisazione e follia. Già essere seduti su un water e intervistare qualcuno che potrebbe essere seduto sul bidet è una scena surreale… e proprio per questo potentemente vera.
Certo, alcuni elementi — come la carta igienica su cui prendere appunti o lo sciacquone come applauso — sono trovate simboliche, ma nascono spesso in modo spontaneo, tra una risata e l’altra. Non c’è storyboard, c’è vita. E l’idea è proprio questa: riportare la cultura in un luogo umano, dove si può sbagliare, ridere, commuoversi.
Il linguaggio social ha un ruolo centrale: come sei riuscita a tradurre l’intimità di un salotto in un contenuto digitale fruibile e condivisibile?
Essere autentici, con tutte le proprie stranezze e contraddizioni, crea un ponte diretto con chi guarda. Non ho mai voluto costruire un personaggio, ma semplicemente tradurre la mia passione per i libri e per le storie in un linguaggio accessibile, divertente, e condivisibile.
Il bagno, che è uno spazio intimo per eccellenza, diventa così un salotto democratico dove chiunque può entrare — lettori, autori, curiosi — e sentirsi accolto, senza filtri, senza pose. I social amplificano questa connessione, permettendomi di parlare a tante persone come se fossimo tutti nello stesso piccolo, assurdo, meraviglioso bagno-letterario.
Che tipo di pubblico ti segue? Hai più riscontri da lettori forti o da chi magari non si sarebbe mai avvicinato a un libro?
Molti sono lettori forti, ma una parte bellissima del mio pubblico è composta da chi con i libri aveva un rapporto intermittente o inesistente. Il tono leggero, l’ironia, il contesto surreale del bagno aiutano a smontare l’idea che la letteratura sia solo per “pochi eletti”
C’è stato un momento che ti ha fatto capire l’impatto reale di quello che stavi facendo?
L’impatto vero lo percepisco ogni volta che qualcuno mi scrive dicendo: “non vedevo l’ora che uscisse un nuovo video”, oppure “mi hai fatto scoprire un autore che non conoscevo”. È lì che capisci che un bagno può diventare davvero una piccola biblioteca con vista sul cuore delle persone.
Mi occupo di comunicazione culturale ed eventi. Curo strategie editoriali e campagne social con un occhio sempre attento alle parole, quelle giuste, e alle persone, quelle che fanno la differenza.
Nel 2021, ho pubblicato “Marketing per eventi culturali” (Flaccovio Editore); sono docente di marketing culturale, collaboro con musei, comuni, teatri, festival e riviste, alternando comunicati stampa a disappunti poetici, project management a sorteggi di libri che leggo e consiglio ogni settimana.
Vivo e lavoro nel Salento, qui dove si coltivano idee, si sperimentano linguaggi e si trovano scorci perfetti per ripensare tutto. Non so cucinare, ma so scegliere gli orecchini. Guardo troppe serie tv, amo il cinema di Woody Allen e viaggio con il mio zaino Biagio. Ho due gatti, Stanis & Gigio, e spesso invidio la loro capacità di ignorare il mondo quando serve.